Tutte le guerre sono anche guerre di comunicazione, e quella di occupazione dell’Ucraina da parte della Russia probabilmente ancora di più.
Se dovessimo applicare le categorie di responsabilità sociale al comportamento degli Stati, di tutti gli Stati, ovviamente con diversi pesi (c’è l’aggressore e l’aggredito, c’è poco da distinguere), saremmo in grande imbarazzo.
Purtroppo, invece di esercitare un po’ di senso critico, vediamo media, giornalisti, politici, schierarsi senza cercare di comprendere le ragioni che ci hanno portato sull’orlo di una guerra senza speranza.
Purtroppo anche sul fronte della comunicazione sociale si nota un livello tecnicamente modesto: i soliti appelli alla raccolta fondi che rischiano di affogare a cento altri per le più diverse cause.
Per questo è interessante recuperare una campagna televisiva dell’UHCR che avrà almeno 15 anni.
Quello che colpisce è la capacità di mettere in risalto quello che tecnicamente i pubblicitari chiamano “insight”, che significa il rendere partecipe l’osservatore delle motivazioni in grado di far comprendere il perché di una determinata azione.
Nei pochissimi secondi a disposizione, il regista ci fa vivere il drammatico cambio di paradigma di una famigliola colta nei momenti di vita normale che si trasformano improvvisamente in un gruppo di persone spaventate da un dramma tanto più grande quanto del tutto improvviso e inaspettato.
Il grande coinvolgimento emotivo di cui questo spot è capace è sicuramente in grado di far scattare la voglia di donare ben di più dei soliti freddi cartelli che stiamo vedendo in questi giorni.
Perché l’UNHCR non lo riprende?