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Convegno Premio San Bernardino 2022: “Come la comunicazione contrasta il body shaming e valorizza la diversità”

Lo scorso 1° dicembre 2022 si è svolto – presso l’Aula Giubileo dell’Università LUMSA di Roma – il convegno del Premio San Bernardino. Il tema di quest’anno “Come la comunicazione contrasta il body shaming e valorizza la diversità” è stato analizzato da differenti prospettive, grazie all’aiuto di diversi professionisti.

Il primo intervento è stato quello di Elisa Manna – già Vicepresidente del Comitato Media e Minori e attuale membro del board del Centro Responsabilità Sociale – che ha voluto approfondire la tematica del culto del corpo e della dignità umana. Manna ha aperto il suo intervento con una contestualizzazione più ampia dell’argomento body shaming, definendolo come “un fenomeno di massa che genera ansia, inadeguatezza e depressione”. Ha poi continuato affermando che alla base del body shaming si cela in realtà un materialismo incancrenito nella nostra società, che procede di pari passo con una forma di desacralizzazione. Tale materialismo disprezza il corpo perché in realtà lo mitizza, in quanto il corpo è l’unica cosa che c’è: “tu non vali niente, perché il tuo corpo non vale niente e quindi tu non vali niente, perché sei solo il tuo corpo, privo di anima, psiche, sentimenti, emozioni, pensieri”.

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Manna ha poi concluso: “Il body shaming è una tessera di un grande mosaico, molto confuso, disordinato, frammentato, un brutto mosaico che è quello rappresentato dalla cultura della nostra epoca”. Il modello culturale dei nostri giorni è ambiguo e – in questo mosaico disordinato – confluiscono differenti processi quali individualismo, soggettivismo, relativismo e globalizzazione, che hanno portato ad una cultura disarmonica e contradditoria.

A seguire il professor Cristian Di Gesto – Psicologo e Docente di Psicologia all’Università degli Studi di Firenze –ha aperto il suo intervento con il concetto di immagine corporea e le 4 fonti di influenza principali: mondo dei pari, media, famiglia e partner. Queste favoriscono dei processi psicologici, quali confronto sociale, ma anche l’interiorizzazione. Tali fonti vanno ad intaccare poi la nostra immagine corporea.

Di Gesto ha introdotto il concetto di Body Neutrality – ovvero “la via di mezzo” rispetto a quei messaggi polarizzati di amore o odio eccessivo verso il proprio corpo, di cui il body shaming è solo un esempio. Mentre la body positivity ha lo scopo di cambiare la percezione e la definizione socioculturale della bellezza, la body neutrality mira a cambiare il valore che la società attribuisce alla bellezza: “Spostare l’attenzione dalla bellezza e concentrarsi su altre cose che non siano solo il corpo”. Di Gesto afferma quindi che la Body Neutrality permette di focalizzarci su cosa il nostro corpo ci consente di fare e non su come appare.

“La salute è come un prisma. Il prisma brilla quando tutte le facce sono illuminate – e se noi oscuriamo anche solo una delle facce – il prisma smette di brillare. Quando ci occupiamo di salute e benessere e abbiamo davanti qualcuno, dobbiamo pensare a quel qualcuno nella sua intera globalità e a non focalizzarci sull’elemento fisico. In caso contrario, stiamo facendo altro e non ci stiamo occupando di salute.”

A seguire, concludendo la prima parte del convegno, è intervenuta Claudia Ballerini – Branding and Market Strategy & Understanding Lead di Ipsos – che ha presentato un’indagine su social media e body positivity. Il lavoro ha coinvolto 500 utenti social di età compresa tra i 16-54 anni, con l’obiettivo di capire come questi vivessero la tematica body positivity e come percepissero il rapporto di essa con influencer e creator.

I risultati hanno evidenziato come nei social media ci sia adeguato spazio per il tema in questione, ma come la body positivity in realtà sembri generare differenti contraddizioni; infatti, se da una parte vi è l’accettazione del corpo come tale, dall’altra ci si scontra con il diverso.

La body positivity è un argomento che viene trattato dalle figure più influenti che sono legittimate a parlarne, come affermano gli utenti. Claudia Ballerini sottolinea la forte importanza che questi ultimi poi ripongono nella credibilità e nell’autenticità degli influencer. Pretendono trasparenza e si aspettano la verità dei fatti da parte di chi ne parla. In caso contrario il rischio di unfollow è molto alto.

Dopo la pausa i lavori sono proseguiti con l’intervento di Donatella Pacelli – sociologa e docente ordinaria di sociologia presso l’Università LUMSA di Roma, che ha spiegato come la comunicazione sociale – non come sinonimo di comunicazione buonista, ma come comunicazione che può avere un impatto sulla società – può contrastare la violenza offline e online.

“Essa può individuare i problemi sociali, quelli che sono sommersi e che ancora non hanno visibilità e individuare le sofferenze e le criticità, trasformandole in leve sociali su cui lavorare contro quell’indifferenza diffusa. La comunicazione sociale nasce per fare attrito, per compiere un cambiamento, se non fa questo è come se non fosse mai stata avviata”.

Secondo Pacelli la comunicazione sociale può essere vista come azione di contrasto se lavora senza stigmatizzare troppo l’ultimo passaggio del problema, quello più sotto i riflettori, mentre non sta sotto i riflettori tutto ciò che l’ha preceduto.

Pacelli ha sottolineato inoltre l’importanza della normalizzazione della diversità, piuttosto che della valorizzazione di essa, su cui sempre più ci si è concentrati negli ultimi tempi e che non ha in realtà portato a nulla. Si è cercato di trasformare i modelli estetici in attori che potevano dialogare tra di loro, ma in realtà né le culture né i canoni estetici entrano in contatto, ma unicamente le persone. “È fondamentale dare centralità all’umanità” – ha concluso Donatella Pacelli.

A seguire è intervenuto Luca Pagliari – giornalista, autore e storyteller – che ha portato al Premio la sua testimonianza, in merito al dialogo che settimanalmente compie con ragazzi di differenti scuole, con l’obiettivo di sensibilizzarli su un corretto uso del linguaggio. Le chiavi comunicative utilizzate con gli studenti sono la sospensione di giudizio come elemento base e la narrazione di storie vere – sia negative che positive – accompagnate da immagini, che hanno un grande impatto sui giovani. Pagliari ha raccontato che – in seguito alla sua esperienza di scrittore – è stato contatto da diversi ragazzi che vogliono essere ascoltati e si è chiesto: “Per quale motivo un ragazzo che ha problemi salta a pie’ pari come interlocutore un padre, una madre, un professore e si rivolge ad un giornalista che ha scritto dei libri e a cui confida determinate cose?”.

A conclusione del convegno è intervenuta Carlotta Giancane, CEO di “IMPERFETTA PROJECT, a Real Talent Agency”, che ha presentato al Premio il suo progetto di cambiamento e inclusione nel campo della moda.

“La moda e i media sono i canali che ci influenzano di più in assoluto e per tale motivo dovrebbero essere un modello positivo, ma non lo sono; ci propongono invece dei modelli sbagliati che generano tutta una serie di problemi importanti nelle nuove generazioni, quali disturbi alimentari, insicurezza, disagio”.

Imperfetta project dà la possibilità a ragazze comuni di raccontarsi, facendo delle loro imperfezioni dei punti di forza. Dall’inizio del progetto – oramai più di un anno fa – è stato un susseguirsi di richieste di donne che hanno scritto per poter far conoscere le loro storie. Carlotta Giancane si è resa conto così di aver portato in auge un bisogno comune a molte persone.

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