Il 77% dei cittadini europei vuole limitare i cambiamenti climatici, ma questo si scontra – tra i tanti problemi anche quello dello smaltimento dei prodotti funzionali . Questi vengono buttati via prematuramente, come emerge da un recente sondaggio Eurobarometro.
L’Ue produce 35 milioni di tonnellate di rifiuti, 30 milioni di tonnellate di risorse e 261 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra. La scelta di sostituire invece che riparare costa ai consumatori europei quasi 12 miliardi di euro all’anno.
Inoltre, come sottolinea il Parlamento europeo, i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche rappresentano il flusso di rifiuti che cresce con maggiore rapidità a livello mondiale, con oltre 53 milioni di tonnellate smaltite nel 2019.
Per questo motivo la Commissione Europea ha avanzato la proposta della nuova direttiva per norme comuni che promuovono la riparazione dei beni, normativa che -se approvata- consentirà di ottenere risparmi per i consumatori e sosterrà gli obiettivi del “Green Deal europeo”, contribuendo alla riduzione dei rifiuti.
Di fatto l’Unione europea, introduce con questa direttiva una quarta R alle regole della sostenibilità che ora diventano: “Riduci, riusa, ricicla e ripara”.
Negli ultimi anni, le aziende hanno scoraggiato i consumatori dall’aggiustare i prodotti, spingendoli invece ad acquistarne di nuovi per sostituire quelli danneggiati. Questo è stato reso possibile con l’uso dell’obsolescenza programmata e l’applicazione di costi di riparazione esorbitanti.
In base alla proposta, le case produttrici dovrebbero impegnarsi a garantire la riparazione dei prodotti acquistati dai consumatori entro un periodo di tempo compreso tra i 5 e i 10 anni.
Si stima che questa modifica del modello di consumo comporterà un risparmio totale di 176,5 miliardi di euro, una diminuzione di 18,5 milioni di tonnellate di gas serra, una riduzione di 3 milioni di tonnellate di rifiuti e un risparmio di 1,8 milioni di tonnellate di risorse nei prossimi 15 anni.
Inoltre, ridurre la quantità di prodotti gettati via e limitare il consumismo non rappresenta solo una forma di protezione dell’ambiente e dei diritti dei consumatori, ma anche una scelta strategica che aiuta a diminuire la dipendenza dai paesi fornitori di materie prime, divenendo pertanto un fattore di rilevanza per la posizione internazionale dell’Unione Europea.
Qualora venisse approvata, la norma relativa al diritto alla riparazione concederebbe ai consumatori la facoltà di far riparare i propri prodotti, oltre il limite dei 2 anni di garanzia legale previsti dalla normativa, direttamente dai produttori, in un intervallo di tempo compreso tra i 5 e i 10 anni dall’acquisto. La disposizione si applicherebbe a dispositivi quali frigoriferi, aspirapolvere, televisori, lavatrici e ad altri prodotti considerati riparabili dalla legislazione europea; al momento, sono in corso trattative per estendere la norma anche a smartphone e tablet.
Inoltre, i produttori saranno tenuti a fornire ai consumatori informazioni trasparenti e facilmente accessibili sui propri prodotti e sui servizi di riparazione, che dovranno essere messi a disposizione a titolo gratuito o a costi contenuti, a meno che la sostituzione del prodotto non risulti effettivamente più economica.
In aggiunta, verrà realizzata una piattaforma online per facilitare il collegamento tra consumatori e servizi di riparazione attivi nei diversi stati membri. Le nuove disposizioni avranno validità solo per le imprese che producono beni, e queste ultime saranno tenute a rispettare i termini previsti per garantire il diritto alla riparazione. Ciò implica una maggiore responsabilizzazione delle grandi aziende, , che saranno costrette a limitare gli sprechi e di conseguenza ridurre l’impatto ambientale.