Presentato a Roma lo scorso dicembre, Le nuove imprese sociali. Tendenze e prospettive dopo la riforma del terzo settore, che è stato pubblicato nella serie dei quaderni di Terzjus e curato da Luigi Bobba (presidente di Terzjus), Antonio Fici (direttore scientifico di Terzjus) e Claudio Gagliardi (vicesegretario generale di Unioncamere). Lo studio presenta i risultati della ricerca condotta a 5 anni dall’entrata in vigore della riforma del terzo settore che si poneva l’obiettivo di rilanciare lo strumento dell’impresa sociale . Il legislatore della riforma ha infatti adottato un nuovo testo di legge che, pur mutuando la struttura dal precedente, presenta soluzioni innovative, cambiando di fatto la situazione di tutte le imprese sociali, incluse le cooperative sociali e i loro consorzi. Pur non essendo ancora efficaci le norme fiscali, la fisionomia delle imprese sociali sta significativamente mutando. Dal 2017 il numero delle imprese sociali iscritte al registro delle imprese è cresciuto rapidamente : sono 3.438 le Nuove Imprese Sociali (NIS) nate dopo l’entrata in vigore del D.lgs 112/2017, ill 17% del totale di quelle attualmente attive e iscritte nell’apposito registro delle Camere di commercio territoriali (poco meno di 20.000). Lo studio evidenzia come stia mutano anche la forma giuridica scelta per le imprese sociali: le cooperative sociali rappresentano la quasi totalità (il 97%) di quelle costituitesi prima del D.lgs. 112/2017 e scendono al 75,3% fra le organizzazioni fondate negli ultimi cinque anni a cui si sono affiancate società a responsabilità limitata, altre società di capitali, società cooperative non sociali, società di persone, fondazioni o associazioni.
E’ mutato e si è allargato il bacino d’utenza dell’impresa sociale; grazie all’art 2 della Riforma le attività di interesse generale non sono solo i servizi socio-assistenziali, la cura sanitaria e l’inserimento lavorativo delle persone più fragili, ma anche l’educazione, l’istruzione e la formazione professionale, la salvaguardia dell’ambiente, le attività a carattere ricreativo e culturale, il turismo sociale e l’housing sociale, il commercio equo e solidale, il microcredito e l’agricoltura sociale. Le NIS possono dare vita a progetti e ed esperienze inedite e possono dare un contributo sostanziale alla coesione delle comunità locali; si stanno incamminando verso l’innovazione, per quanto non possano ancora godere appieno degli incentivi fiscali contenuti nella riforma, per i quali si attende ancora il via libera da parte della Commissione Europea.
Gli scenari internazionali degli ultimi anni sono quelli della crisi economica, della guerra e della pandemia: emergenze sanitarie, ambientali e umanitarie hanno aumentato le diseguaglianze sociali, mentre gli effetti del cambiamento climatico diventano sempre più drammatici. Anche la politica europea sta mutando le strategie e gli investimenti, non più centrati sul rafforzamento del mercato unico, ora guardano anche all’economia sociale nelle determinazioni delle istituzioni comunitarie. Questo cambiamento di prospettiva è ben visibile nel Piano d’azione sull’economia sociale della Commissione Europea per gli anni 2021-2030 e nei prossimi anni Bruxelles intende puntare seriamente sulle imprese sociali poiché in queste si può coniugare l’innovazione, la prossimità fra persone e la transizione ecologica.
Per chi fosse interessato il volume può essere scaricato gratuitamente sui siti ufficiali delle due organizzazioni che hanno promosso e realizzato l’indagine: https://terzjus.it e https://www.unioncamere.gov.it/